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Pubblichiamo l’articolo del nostro Giacomo sulla nostra partecipaziome alla “Trans Freedom March” di Torino.

Il 19 novembre scorso ho partecipato per la prima volta alla Marcia della Libertà Trans a Torino, in occasione della Giornata della Memoria Transgender (TdoR, Transgender Day of Remembrance), che si celebra in oltre venti Paesi del mondo il 20 novembre (o il weekend più vicino), data dell’omicidio della transgender afroamericana Rita Hester, uccisa nel 1998; scegliendo questa data si vuole fare memoria permanente dell’odio transfobico che così tante vittime ha seminato e ancora semina nel mondo, anche in quei Paesi che tanto hanno fatto per la salvaguardia dei diritti LGBT. In Italia, la città di Torino è capofila nell’organizzazione della TdoR, che quest’anno, oltre alla Marcia, prevede una mostra fotografica e un convegno. La nostra Arcigay “Rainbow” era ben rappresentata, soprattutto dai ragazzi di “Africa Arcigay”, i quali con enorme entusiasmo hanno partecipato a questo incontro così importante per il mondo LGBT.

Quel giorno avevo fissato un incontro con un sociofobico (cosa c’entra con il mondo LGBT? Niente, semplicemente sono sempre stato appassionato di minoranze) conosciuto su Facebook, al quale avevo proposto poi di aggregarci alla Marcia: ogni tanto piace anche a me avere giornate piene di appuntamenti, come quelle di Anita. Nel pomeriggio abbiamo fatto un giro per il centro di Torino, chiacchierando dei tipici problemi che affliggono i sociofobici. Qualche giorno prima, in chat, mi aveva confidato di sentirsi un po’ a disagio all’idea della Marcia Trans: “Sarò omofobo”; ma in realtà è curioso di toccare con mano questa realtà che chi si occupa, anche solo saltuariamente, di diritti LGBT forse dà troppo per scontata. La nostra passeggiata ci porta in Piazza Vittorio, in largo anticipo rispetto all’orario previsto per la Marcia. Avrebbe dovuto unirsi a noi un terzo sociofobico, ma veniamo ad apprendere che ha avuto alcuni problemi e che, se potrà, ci raggiungerà più tardi.

Appena giunto in Piazza Vittorio mi prendono l’ansia e il nervosismo di essere arrivato troppo presto e di dover aspettare in piedi molto tempo in mezzo a gente sconosciuta. Cerco Anita con lo sguardo, ma si sta facendo sera e la mia vista è sempre più appannata. Vediamo un drappello di persone con bandiere e striscioni e ci avviciniamo, cerco di osservare le persone convenute (tra le quali il mio amico mi fa notare la Sindaca Chiara Appendino, che sta indossando la fascia tricolore poco distante da noi, in un mezzo a un gruppetto di gente), di indovinare le motivazioni, i pensieri e i sentimenti che le hanno portate qui a Torino per manifestare pacificamente, mi chiedo se conoscono di prima mano la realtà transgender o se, come me, sono “simpatizzanti generici”, tutto questo mentre continuo a chiacchierare con il mio nuovo amico, sperando che non sia ansioso e nervoso come me nell’attesa.

Finalmente intravedo Anita e mi faccio largo per salutarla. I ragazzi di “Africa Arcigay” sono già arrivati da un pezzo, entusiasti e colorati, e stanno scattando innumerevoli foto assieme ai partecipanti alla Marcia. Sono impaziente che il corteo parta, un po’ intimidito al pensiero di marciare per il centro di Torino ma sollevato che non ci sia la calura estiva del Gay Pride. Pian piano, in ritardo, il corteo inizia a muoversi per Via Po illuminata, in una serata che già prelude al Natale. Poco davanti a me c’è un camion scoperto con una ottima jazz band che suona diversi pezzi mentre la Marcia si snoda verso Piazza Castello; la band trova nei ragazzi di “Africa Arcigay” un gruppo accanito di fan, che balla tutto il tempo, immediatamente dietro al camion, a suon di jazz, agitando il suo striscione e i suoi cartelli. Vedo poco del resto del corteo davanti e dietro di me, a malapena intravedo la gente che si assiepa ai lati del corteo, sotto i portici di Via Po, osservandoci chissà con quali pensieri e sentimenti. Un pullman di turisti norvegesi, che avevamo già notato in Piazza Vittorio, ha imboccato la via ignaro della Marcia; mentre passiamo accanto al mezzo fermo da un lato, cerco di scrutare i visi dei turisti nordici dietro i finestrini, che certamente si staranno chiedendo cosa si stia festeggiando con quella musica e quei colori.

Il mio amico mi fa notare che siamo privi di bandiere e di emblemi arcobaleno, a differenza delle tante persone che mostrano in modo colorato e vivace il proprio sostegno ai diritti LGBT: “Siamo militanti di base”. Poco dopo riceve la telefonata dell’altro ragazzo che dovevamo incontrare quel giorno: si trova poco lontano e decide di andarlo a incontrare mentre io, salutatolo, proseguo la Marcia; stiamo attraversando Piazza Castello e ci stiamo dirigendo verso Piazza Carignano, dove si svolgeranno i discorsi e la commemorazione della Giornata del Ricordo Transgender. Dal palco di Piazza Carignano questa sera parleranno  si susseguono saluti e testimonianze, come quella degli attivisti LGBT turchi, sempre più pressati dalle politiche restrittive in atto nel loro Paese, e vengono letti i nomi di molte, troppe persone transgender assassinate dall’odio per il diverso, la diversa. A malincuore lascio la piazza, a metà dell’esibizione della cantante lirica, per dirigermi con Anita ed Enrico verso un locale dell’adiacente Via Accademia delle Scienze per un aperitivo e quattro chiacchiere in serenità. Forse la mia presenza pochissimi l’hanno notata, forse ho sbagliato a non indossare i colori arcobaleno, fatto sta che in questa serata mi sono sentito un centimetro più vicino alle sorelle e ai fratelli transgender e alle loro sofferenze: non basta per essere pienamente umani, ma un passo alla volta, da parte di tutti, forse è possibile non solo sognare ma realizzare un mondo più solidale.

Giacomo Tessaro

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