Pubblichiamo l’intervento che la nostra Presidente, Anita ha pronunciato in qualità di rappresentante settore scuola FLC-CGIL per la la provincia di Vercelli in occasione del TDoR mercoledì 20 novembre a Torino alla riunione del Comitato Regionale CGIL Pari Opportunità.
E’ una data importante quella di oggi per parlare di pari opportunità, di donne e di diritti.
Siamo vicine al 25 novembre, “GIORNATA INTERNAZIONALE CONTRO LA VIOLENZA ALLE DONNE”, tema più che mai attuale in questo periodo in cui si sente parlare continuamente di donne uccise da mariti, ex-mariti, fidanzati, ex-fidanzati, stalker, amanti, datori di lavoro…
Ma oggi è anche il 20 novembre, il “TRANSGENDER DAY OF REMEMBRANCE”, giornata in cui si ricordano le vittime dell’odio, del pregiudizio e della discriminazione contro i transessuali e transgender.
L’evento venne introdotto nel 1998 da un’attivista transgender per ricordare una vittima della transfobia e ora si celebra in tutto il mondo.
Oggi quindi dobbiamo e stiamo parlando delle donne, di tutte le donne quindi, senza distinzioni di identità di genere e chiaramente orientamento sessuale. Tutte vanno inserite nell’importante tema delle pari opportunità, dell’ampliamento della fruizione di diritti che per alcune donne restano ancora molto lontani.
Parliamo della situazione lavorativa.
Ci sono donne di cui non si parla mai o mai nel corretto modo e sono donne.
Se l’inserimento nel mondo lavorativo, o reinserimento in periodi in cui è molto facile perdere il posto, i luoghi di lavoro chiudono etc. è più difficoltoso per le donne eterosessuali, figuriamoci se parliamo di donne transessuali.
Le trasformazioni del lavoro in questo periodo rendono ancor più vulnerabili le lavoratrici appartenenti a gruppi sociali svantaggianti.
Gli obiettivi europei sono difficili da raggiungere oggi, dopo una tendenza positiva dell’impiego che vedeva un aumento della presenza delle donne nel mondo del lavoro, perché questo trend è stato interrotto dalla crisi e le donne pagano il prezzo maggiore riguardo al reinserimento lavorativo – dati UE.
Tendenza che anche nel pubblico impiego si sta vedendo per via dei tagli di bilancio e dove la percentuale di donne assunte era ed è elevata.
Le persone trans per evitare situazioni discriminanti sono portate a celare, per quanto possibile vista la loro visibilità, la loro vera identità, la propria condizione.
Questa è una violenza continua che vivono molte donne, celare la propria femminilità, il proprio essere donne e una cosa molto simile la vivono altre donne che continuamente celano il proprio orientamento sessuale soprattutto nei luoghi di lavoro, generando così preoccupanti situazioni di disagio, tutto ciò a causa della diffusa disinformazione sulla realtà transgender che provoca equivoci, imbarazzo, violenza, aggressività, esclusione ed emarginazione.
Parliamo di discriminazione sui luoghi di lavoro, discriminazione che non è mai chiaramente manifesta, pertanto mascherata da pretesti legali, indiretta quindi.
Per esempio, l’adeguamento di genere di un dipendente, la cosiddetta transizione, non sarà certo motivo di provvedimento disciplinare che potrebbe essere comminato a un lavoratore oppure non sarà mai specificato che quello sia il motivo per un esito negativo di un colloquio di lavoro, ma questi sono casi che si presentano frequentemente alle persone transessuali.
La conseguenza sono tassi elevatissimi di disoccupazione nella popolazione trans/transgender rispetto a quella che non lo è.
Ricordiamo che la transessualità non è una condizione clandestina, in Italia è regolata dalla legge 164, legge purtroppo restrittiva che non prevede una celere modifica dei dati sui documenti di riconoscimento fino a che non sia terminata la transizione – il cambio di sesso – con riattribuzione chirurgica dei genitali, percorso che può durare anche anni, caricando ulteriormente così una situazione di disagio provata dalle persone trans che vivono molto spesso in tensione il loro rapporto con la società che le circonda, moltiplicando le possibili situazioni discriminanti.
Sottolineiamo l’importanza del lavoro quindi, che funziona da motore di integrazione sociale, contro l’emarginazione di un individuo ed è vero tutto ciò ancora di più per le persone trans che oltre a dover reperire risorse economiche per vivere come tutte le donne, devono far fronte a spese spesso ingenti che l’adeguamento fisico al genere sentito comporta.
Ci sono contesti lavorativi in cui è ancora impensabile vedere una persona trans: pensiamo alla scuola, al mondo scolastico…
Se una persona trans volesse insegnare? O se fosse già un insegnante e intraprendesse la transizione per il cambiamento di sesso, ci avete mai pensato ai problemi a cui potrebbe andare incontro?
I colleghi e soprattutto le famiglie mal informate riguardo ai temi della identità di genere, come reagirebbero, pensando magari di salvaguardare i propri figli. Da una cosa poi che non dovrebbe essere un problema?
Ci sono trans che insegnano in scuole primarie o secondarie? O che fanno le bidelle o che lavorano negli uffici delle scuole?
Ci sono?
Quale è il trend della domanda di lavoro presso le istituzioni scolastiche da parte di queste persone? Provano almeno a fare richiesta di inserimento nelle graduatorie o se ne astengono a priori per timore?
Quale è il grado di istruzione di queste persone? Il loro diritto allo studio viene in qualche modo danneggiato dal fatto che la loro identità di genere non sia “REGOLARE”, secondo i comuni canoni di valutazione utilizzati dai più?
Quale è il rapporto delle giovani trans con i compagni di scuola, con gli insegnanti? È cosi problematico da non consentire loro di terminare gli studi?
Del resto ben sappiamo, dai dati che abbiamo in mano e da quello che sentiamo in televisione quanto male faccia il bullismo di stampo omo/transfobico.
La ragione della discriminazione vanno ricercate nella presenza di nuovi e vecchi integralismi e nell’inadeguatezza culturale e storica da parte della società a riconoscere come propri stili di vita non corrispondenti a standard rassicuranti definiti “socialmente accettabili”.
E guardate che, parlando di nuovi e vecchi integralismi, parliamo di mentalità che condizionano anche il trattamento riservato alle donne e gli atti di violenza. I discorsi vedete che sono legati, sono similari.
Alcune donne poi diventano DONNE-STIGMA, ossia stereotipi negativi, venendo così relegate o accomunate al solo mondo della prostituzione, divenendo facile bersaglio di violenza e stupro.
Donne che vengono considerate scherzi di natura a cui non sono dovuti alcuni dei basilari diritti di cittadine che ad altre donne vengono riconosciuti quotidianamente. Abbiamo parlato del diritto ad accedere a qualunque tipo di lavoro, a fare domanda in posti differenti, cosa che non tute le donne possono fare.
Noi oggi siamo qui proprio per mantenere alta l’asticella dell’attenzione riguardo ai diritti delle donne e non solo, in un periodo in cui è tangibile un arretramento sul terreno dei diritti acquisiti, che davamo per certi, figuriamoci per le persone che alcuni di questi diritti, non li hanno mai avuti.
Siamo tutte donne e non possiamo permetterci di dimenticarci l’una dell’altra, ma cercare una soluzione per attuare un modello positivo e costruttivo, trasmissibile e duplicabile con l’obiettivo di costruire politiche di inclusione e integrazione che salvaguardino il diritto all’autodeterminazione anche delle persone trans e quindi delle donne lesbiche, e delle donne etero, perché siamo tutte cittadine e tutte vogliamo dignità.
Ricordiamoci che le norme che vietano la discriminazione sessuale in Italia ci sono e che devono essere applicate a tutte le donne indipendentemente da identità di genere e orientamento sessuale.
-legge n.903 del 1977 sulla parità del trattamento tra uomini e donne sul lavoro
-legge 125 del 1991 sulle azioni positive per realizzare questa parità nel lavoro
-legge 300 1970 STATUTO LAVORATORI dove all’articolo 15 si vietano i comportamenti discriminatori e art. 8 che vieta indagini non rilevanti ai fini dell’assunzione e della valutazione delle attitudini professionali – anche il dl. 276 del 2003 articolo 10 segue una linea similare
-legge 108 del 1990 sulla disciplina dei licenziamenti individuali
-legge 306 del 2003 comunitaria parla del principio della parità di trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda l’accesso al lavoro, la parità di trattamento, la crescita professionale e vieta le molestie sessuali nei luoghi di lavoro.
Attuare gli obiettivi del Trattato di Lisbona per promuovere la parità tra i generi, intesa come pari opportunità, è un lavoro continuo che non si deve fermare e che deve assolutamente tenere conto del mondo femminile a 360° visto che stiamo parlando di genere, concetto che non prende solo in considerazione il sesso biologico e che non è quindi riduttivo.
Ma nelle strategie europee e quindi dei paesi più avanzati la parità di genere deve rimanere centrale, come investimento al lungo termine, per raggiungere competitività, crescita sostenibile, coesione sociale – vero progresso.
Incontri come questo di oggi fanno parte di quelle misure di sensibilizzazione propositive che possono prevenire molte situazioni di disagio.
Si devono tradurre però in lavoro di gruppo, lavoro in rete che proponga strategie utili e pratiche, un lavoro che deve parlare al mondo maschile.
Stiamo parlando di smontare diversi pregiudizi che limitano fortemente un percorso di progresso e miglioramento delle condizioni di vita di un numero sempre maggiore di persone.
Il sessismo del resto è la matrice che genera odio verso le donne e omotransfobia.
Abbiamo però sindacati, associazioni, organismi competenti che devono organizzare un lavoro pratico a partire dai territori per non lasciare che le commemorazioni annuali diventino una ripetizione rituale, un atto dovuto che svuota la natura stessa del momento: non lasciamo che oggi, 25 novembre e 8 marzo diventino una pratica che serve per mettersi la coscienza a posto, ma devono creare consapevolezza.
Condivisioni come quelle che stiamo facendo oggi sono importanti e utili per creare questa consapevolezza che ci porta a capire quanto mondi apparentemente distanti sono molto vicini e quanto situazioni di disagio seguono iter del tutto similari in moltissimi casi soprattutto quelli che hanno a che fare con le discriminazioni e la violenza di genere, per le donne trans, donne biologiche, donne omosessuali ed eterosessuali.
Non fermiamoci a oggi. Facciamo rete. È quello che ho imparato da molte donne che si impegnano tutti i giorni e che tutti i giorni lottano per un mondo più equo – più etico. Per tutte.
Anita Sterna.
Torino, 20 novembre 2013.
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